Edith Stein, una donna dal cammino molto particolare, ricca del desiderio per la Verità, capacità critica nella conoscenza delle realtà umane, una sapienza ispirata dallo Spirito Santo; innamorata di Teresa d’Avila ne conoscerà le gesta con la lettura del Libro della Vita e ne imiterà il percorso spirituale, sarà una grande figlia di una così grande Madre nella fede. La sua vita nel Carmelo col nome di Teresa Benedetta della Croce, ha conosciuto varie tappe del cammino di purificazione donativo e oblativo fino al martirio. Ascoltiamo cosa oggi lascia a noi contemporanei, insieme diamole spazio nel cuore.
Provare a raccontare la figura, il messaggio, la spiritualità che ha lasciato questa gigante di fede, non è semplice ma soprattutto non ci lascia senza provare in fondo al cuore quella emozione delle anime semplici che si alimentano di speranze. Edith Stein è stata la prima martire cattolica di origine ebraica ad essere canonizzata. Agnostica, intellettuale, assistente del filosofo Edmund Husserl, dopo la sua conversione al cattolicesimo scelse la vita monastica entrando nel Carmelo con il nome di suor Teresa Benedetta della Croce.
Il 26 luglio 1942 Adolf Hitler ordinò l’arresto dei convertiti ebraici (che fino a quel momento erano stati risparmiati). Edith e sua sorella Rosa, pure lei convertita, furono catturate dal convento di Echt, in Olanda, e trasportate nel campo di concentramento di Auschwitz, dove furono assassinate nelle camere a gas il 9 agosto del 1942, ottantuno anni fa. Il facile rifiuto giovanile della religione intesa come imposizione morale, la tenace ricerca della verità, il desiderio di autentica libertà di fronte a qualsiasi condizionamento o coercizione, il ruolo sociale importante della donna sono alcuni temi attualissimi in cui Teresa Benedetta della Croce può ancora oggi dire la sua in modo autorevole, sia attraverso l’esperienza vissuta sia con i suoi scritti. San Giovanni Paolo II la definì “una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo”. Che cosa significa? Dalla sua famiglia ebraica, assorbe l’orientamento religioso e soprattutto una profonda struttura etica che l’accompagneranno per tutta la vita, ma con l’adolescenza e, soprattutto, con gli studi filosofici abbandona ogni pratica religiosa e approda all’agnosticismo. Questa scelta, però, non è concepita e vissuta come una meta raggiunta, bensì come un nuovo inizio, l’inizio di un cammino alla ricerca della verità, di un assoluto e una totalità che possano dare senso alla sua esistenza e alla storia del mondo, entrambi così travagliati. Il suo essere donna non le faciliterà assolutamente gli studi e il successivo insegnamento, ma questo non la scoraggerà minimamente e la sua tenacia le consentirà di raggiungere quanto all’epoca era impensabile, appunto, per una donna, tanto da divenire assistente e collaboratrice del grande filosofo Edmund Husserl.
Sarà proprio la fenomenologia di Husserl ad aiutarla a liberarsi da qualsiasi schema o preconcetto, anche razionale, per assumere una nuova capacità di osservazione nei confronti di tutta la realtà: un lasciarsi raggiungere e anche colpire da ciò che appare al di fuori della persona in modo libero e corretto al tempo stesso. Tutto questo cammino arduo e per nulla scontato la porterà alla Chiesa cattolica con la profonda consapevolezza che solo in Cristo vi sono la verità, l’assoluto e la totalità, che possono colmare la vita. Nella Chiesa, sua nuova casa, trascorre i primi dodici anni nell’insegnamento e nelle conferenze, operando una nuova sintesi, in cui nulla del suo bagaglio culturale viene gettato, ma tutto è ricompreso in Cristo. Purtroppo, nel frattempo la morsa nazista si fa sempre più opprimente e decisa, per cui le viene preclusa ogni possibilità di insegnare a causa della sua origine “non ariana”. Questo, però, le consentirà di poter coronare il sogno che fin dalla sua conversione accarezzava: diventare monaca carmelitana scalza. Nonostante l’apparenza, non si trattò di una fuga dalla realtà o una ricerca di sicurezza: infatti, sebbene dopo poco tempo sia stata spostata nei Paesi Bassi, dove la situazione era momentaneamente più tranquilla, rifiutò il successivo trasferimento in Svizzera, che le avrebbe salvato la vita.
Un vero shock, in senso positivo, Edith Stein riceve dalla lettura della vita di Santa Teresa d’Avila. Che cosa la colpisce di più di questa santa? Esiste un cammino che ha preparato questo “incontro” particolare e trasformante. Anzitutto occorre dire che Edith, pur nel suo ateismo, continuò a leggere e a confrontarsi con l’Antico Testamento, da cui aveva assunto in casa il primo latte spirituale. Possiamo affermare che il primo ingresso, sebbene inconsapevole, di Cristo nella sua vita avvenne attraverso gli sposi Adolf Reinach e Edvige Conrad-Marius, sui amici e colleghi appartenenti alla Chiesa protestante. Alla notizia della morte in battaglia di Adolf, Edith vince l’iniziale ritrosia e raggiunge Edvige per consolarla, ma, con grande sorpresa, la trova rassegnata e piuttosto serena, cogliendo nel suo animo la forza e la luce della fede cristiana. Gli anni seguenti saranno segnati da una profonda crisi interiore e vedranno un serrato e conflittuale confronto con molti libri di spiritualità cristiana alla ricerca di un cammino di verità e libertà; ma nulla sembrava dissetarla autenticamente e completamente. Fino a questo istante un pochino di storia generale della sua vasta e immensa opera con la manifestazione coerente di vita.
Ci sta a cuore lasciare qualche pensiero sulla sua spiritualità meditata che trova la sua maggiore concentrazione nella cosiddetta “Scientia Crucis”, l’insegnamento offerto contemplando il valore e la mistica della “croce”. “Se la croce un giorno getta la sua ombra su di te, abbracciala, perché sia per te la via, la verità e la vita”. Edith è stata per me fin ad oggi, un’amica misteriosa, vicina ma anche profonda, che a volte non riesco a scoprire tutto il suo pensiero teologico e filosofico, ma provo ad entrare in preghiera con lei nello stesso amore verso Cristo. Ho portato Edith e la sua testimonianza di vita a tanti giovani e persone che ho incontrato nella mia vita e che avevano tante domande e dubbi sulla presenza di Dio, e tutti si meravigliavano di lei. Ci sono anche alcuni canti religiosi dai suoi scritti tradotti in arabo e che si cantano in alcune occasioni soprattutto nella festa dell’esaltazione della Santa Croce. Ma oggi, per parlare del pensiero e della spiritualità di Edith Stein in collegamento col Medio Oriente, è ovvio pensare direttamente all’esperienza della Croce, che è stata per Edith il fondamento della sua fede cristiana, e per i cristiani nel medio oriente la radice di tutta la storia della loro presenza in questa terra. Si può ottenere una scientia crucis (conoscenza della croce) solo se la croce si è vissuta a fondo. Ne sono stata convinta fin dal primo momento e ho detto con tutto il cuore: Ave, Crux, Spes unica (Ti do il benvenuto, Croce, nostra unica speranza), così scriverà Edith Stein: “Sotto la croce ho capito il destino del popolo di Dio. Oggi, infatti, so molto meglio cosa significa essere la sposa del Signore nel segno della Croce. Ma poiché è un mistero, non può mai essere compreso solo dalla ragione”.
Senza la fede nella speranza e nella salvezza che porta la Croce di Cristo, non si può rimanere saldi di fronte alla morte che confrontano ogni giorno. A volte desideriamo scappare dalla croce, forse perché il dolore è grande; ci chiediamo perché nessuno interviene? Dove sta la Chiesa Universale di fronte ai dolori dei cristiani perseguitati nel mondo? Perché nessuno ne parla? Dimentichiamo a volte che la via della croce è stata la via di Cristo per la nostra salvezza, ed è la nostra stessa via per raggiungere la gioia della risurrezione. Vivere la Croce non è una maledizione, anzi è una specialità per coloro che vogliono godere un giorno della gioia eterna. Così ci dice la nostra santa Edith Stein: “Non si può desiderare la libertà dalla Croce quando si è scelto specialmente per la Croce”. Ci sia di aiuto, di conforto, ascolti le nostre suppliche, ci consegni la sapienza della croce che porta a salvezza, ci ridoni la speranza delle realtà celesti come pegno e garanzie delle realtà future che attendono di essere vissute.
Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa