“Santità: utopìa o prospettiva di vita!”
di Maria Pia Cirolla
La solennità che ci apprestiamo a vivere con forte devozione e sentimento rinnovati, quella dei Nostri Amici Santi, ci indica un sicuro cammino verso cui orientare la prospettiva della nostra vita e irrobustire la fede vacillante, fragile, inesistente in alcuni casi, dubbiosa, spaventata, fragile. Ci dice che una vita da santa/o è possibile, è auspicabile e forse desiderabile per lo spirito per ritrovare il valore della missione, qualunque essa sia e a qualsiasi livello essa è diretta.
Chi sono dunque i santi? Perché sono venerati, invocati, amati? Cosa hanno di speciale, di straordinario per essere menzionati come fedeli e modello della fede autentica? A questi interrogativi ognuno di noi potrebbe aggiungerne degli altri; cercare motivo per interrogarsi su quali e quante siano le qualità per poter essere annoverati nel Martirologio Romano, indicati come modello, come guida e oggetto di imitazione, magari, nelle azioni di radicalità adoperate nella loro vita terrena. La prima cosa da dire è: i santi non sono supereroi! Non sono uomini o donne dalle caratteristiche sovraumane! Essi hanno amato con convinzione Qualcuno, in qualcosa che li ha resi particolarmente fedeli.
Sono quelle creature, semplici nello spirito, nel pensiero, nelle gesta compiute con sincerità, nella verità, col cuore! Sono anime elevate allo straordinario nell’ordinarietà della condotta, resa straordinaria perché scelta consapevole, convinta, di esclusività di Amore, quello eccellente contenuto nella fede alla Verità. Questa verità che si è schiusa alla creatura e le ha donato una dignità nuova, una immagine rigenerata, rimodellata all’immagine di Sé: Dio! Queste eccelse creature che possiamo sentire nel cammino della nostra vita intime, vicine, amiche, compagne del viaggio ordinario delle nostre tiepide e fredde giornate, magari per la fede vacillante, per la paura di essere per gli altri “frumento e grano” messi nella macina delle esperienze, sono anime che come prima azione concreta “hanno creduto” “hanno ascoltato” “hanno cercato” “hanno trovato” e “non sono più andate via”!!! Il santo, la santa, hanno saputo vivere e godere della Gioia, si sono lasciati sedurre fortemente dal candore della “speranza” ed hanno lasciato che lo stupore, quello dei piccoli, pervadesse la loro incredulità. Così nel dare una valenza spirituale alla giornata della Solennità di Tutti i Santi, possiamo far vivere tra i nostri pensieri alcuni che meglio sottolineano e mettono in luce le qualità.
“La gioia è causata dall’amore” (secondo s. Tommaso d’Aquino) è Gioia e amore che camminano insieme. Chi non ama non può essere gioioso. La gioia è assente dove sono presenti l’egoismo e l’odio. La disperazione nasce dall’assenza dell’amore. La gioia cristiana è una ridondanza dell’amore di Dio: non è una virtù distinta dall’amore, ma è uno degli effetti dell’amore. Questa precisazione non è inutile, ma indispensabile e fondamentale perché ci svela il motivo del fatto che molti cercano la gioia e non la trovano. Essi la cercano invano perché pensano che essa sia reperibile per se stessa. La gioia non ha consistenza in se stessa: ha la sua sorgente nell’amore, è un raggio dell’amore. E la sorgente dell’amore è Dio: “Dio è amore” (1 Gv 4,8).
Quella gioia spirituale che dà vigore!
“La gioia piena non è carnale, ma spirituale” (s. Agostino). Tutto ciò è verissimo perché la gioia cristiana è una gioia di Dio, una gioia che è frutto dello Spirito di Dio che abita in noi (Gal 5,22). Tuttavia la gioia cristiana afferra, promuove, illumina e intensifica le diverse gioie dell’uomo. Così si hanno le gioie della verità, del cuore, della bellezza, dei ricordi, delle attese, ecc. La gioia spirituale ha un riverbero esteriore che illumina tutto l’essere umano, lo rende amabile e affascinante. Fa del cristiano un bagliore visibile della Bellezza invisibile, una manifestazione concreta dell’uomo risolto in positiva armonia, e una attrazione sicura per tutti coloro che ancora camminano nel buio della tristezza e dell’inquietudine.
Ma Dio è ancora motivo della Nostra Gioia?
L’A.T. è preludio alla gioia cristiana. “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” (Is 61,10). Il pio israelita ha motivi molteplici per esultare nel suo Dio. 1 – Il primo motivo viene dall’alleanza per cui Israele è popolo eletto, scelto per un amore singolare, sicché sente Dio come il “suo Dio” e si sente popolo appartenente a Lui: “Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri” (Dt 7,6-8). “Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi, e non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo. Dio ama il suo popolo “di un amore eterno” (Ger 31,3) di un amore “forte come la morte” (Ct 8,6), di un amore tenerissimo come quello di una madre per il suo bambino (Is 49,15) e come quello di un padre verso il proprio figlio primogenito (Es 4,22). Da questa alleanza e da questo rapporto d’amore scaturisce la gioia. “Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano” (Sal 40,17). “Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. Varcate le sue porte con inni di grazie, e i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione” (Sal 100). Dio stesso chiede al suo popolo di essere gioioso: “Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Ne 8,10).
Ecco alcune delle ragioni dove si nasconde la santità! Nella Gioia della scelta, nell’accoglienza fiduciosa di quella gioia che eleva lo spirito o di quella prova straziante e umiliante che è alle volte inflitta, penso a tanti martiri della storia del cammino cristiano, penso a quei martiri della nostra modernità di cui nessuno parla. Penso a quelle donne e uomini che hanno lasciato davvero tutto per la Parola, per il Vangelo, per una vita di sequela, poveri come Cristo è stato povero. “State sempre lieti: questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5,18). La gioia è un nostro dovere di uomini e di cristiani. È la testimonianza più credibile e avvincente. La gioia è un nostro dovere di uomini e di cristiani. È la testimonianza più credibile e avvincente. La gioia che emana dal cristiano non può essere un fatto eccezionale, come un abito che si indossa nelle feste solenni: ma la gioia deve essere un fatto quotidiano, feriale, ordinario, perché Dio, nostra Gioia, è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20).
La santità passa dalla strada stretta, passa da quella porta chiusa che non si apre, che la si vorrebbe spalancata e spesso la si trova sbarrata nel sentiero della vita. La santità non è orgoglio, non è proclama di una eccezionalità, ma è donazione silenziosa, umile, aperta alla straordinarietà dell’anonimo, dell’ultimo posto. La santità è quella pietra scartata che diviene testata d’angolo non per doti straordinarie, ma perché resta visibile l’Autore del dono, di Colui che opera meraviglie in quanti si affidano e si fidano di Lui. Non come disperati, come privi di prospettive razionali ed efficaci, ma come coloro che si sentono uno nell’Uno, come quella Sposa del Cantico dei Cantici che si sentirà felice solamente quando sarà per sempre unita al Suo Sposo che la farà Sua per sempre. Che le donerà quella Gioia perenne che cambierà il Suo destino e lo renderà glorioso. Ecco chi sono i Santi!