“Maria Madre della Gioia e Maestra nel Soffrire!”

     di Maria Pia Cirolla

 

 

 

Nella grande tradizione popolare a Maria vengono attribuite qualità e nomi per indicarne così la vicinanza al cuore e alla devozione che lega. in maniera misteriosa ma profonda, la Madre del Signore ad ogni creatura che la elegge a Sua Mamma Celeste. Tra queste immagini simboliche due hanno sempre accompagnato il cammino e sono: Maria figura di Madre della Tenerezza o della Gioia e Maria che si offre col Suo dolore quale Modello e Maestra nel soffrire. Come ogni mamma terrena vive le tappe accompagnando la crescita dei propri figli con entusiasmo, devozione assoluta ed esclusiva, vive momenti di felicità assoluta, diremmo totalitaria nel vedere crescere ogni giorno i propri figli accompagnandoli, sostenendoli nelle varie tappe del percorso della vita. Momenti di gioia indescrivibile, di estasi dal primo sorriso alla prima parola pronunciata che è proprio: mamma! Fino allo spuntare del primo dentino, alla difficoltà dello stare in piedi e camminare in autonomia, e vederli poi correre liberi e spensierati.

La figura di Maria in questa veste di Madre della Tenerezza e della Gioia è quella che maggiormente accarezza il pensiero di ogni creatura terrena che vede in Lei quel sicuro percorso da imitare per apprendere la strada sicura dell’Amare. Meno facile e meno comprensibile poi diventa l’icona di Maria che dopo tanta gioia, tanti momenti di felicità condivisa accanto e insieme al Suo Gesù, dovrà vestire i panni e viverli quelli di Madre della Sofferenza nel giorno più doloroso del suo essere Madre quello di vedere la morte dell’Amato Unigenito Figlio che avrà tra le braccia non più nel momento di felicità e sorriso, ma quale dolore lacerante e struggente mentre esala lo spirito e lo custodirà tra le Sue braccia materne senza vita nel giorno della sua morte sulla Croce. 

Santa Maria, donna feriale, forse tu sola puoi capire che questa nostra follia di ricondurti entro i confini dell’esperienza terra terra, che noi pure viviamo, non è il segno di mode dissacratorie. Se per un attimo osiamo toglierti l’aureola, è perché vogliamo vedere quanto sei bella a capo scoperto. Ma se ti costringiamo a veleggiare sotto costa, non è perché vogliamo ridurti ai livelli del nostro piccolo cabotaggio. È perché, vedendoti così vicina alle spiagge del nostro scoraggiamento, ci possa afferrare la coscienza di essere chiamati pure noi ad avventurarci, come te, negli oceani della libertà. Santa Maria, donna feriale, aiutaci a comprendere che il capitolo più fecondo della teologia non è quello che ti pone all’interno della Bibbia o della patristica, della spiritualità o della liturgia, dei dogmi o dell’arte. Ma è quello che ti colloca all’interno della casa di Nazaret, dove tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli della Scrittura, hai sperimentato, in tutto lo spessore della tua naturale femminilità, gioie senza malizia, amarezze senza disperazioni, partenze senza ritorni. Santa Maria, donna feriale, liberaci dalle nostalgie dell’epopea, e insegnaci a considerare la vita quotidiana come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza. Allenta gli ormeggi delle nostre paure, perché possiamo sperimentare come te l’abbandono alla volontà di Dio nelle pieghe prosaiche del tempo e nelle agonie lente delle ore. E torna a camminare discretamente con noi, o creatura straordinaria innamorata di normalità, che prima di essere incoronata Regina del cielo hai ingoiato la polvere della nostra povera terra!” (Don Tonino Bello, Maria Donna dei nostri giorni, Edizioni San Paolo)

Ci piaceva concludere questa breve riflessione con queste parole dell’allora don Tonino Bello divenuto poi Vescovo della Chiesa perché riconduceva ad una immagine di umanità e di normalità della Madre del Signore. Ci piaceva l’idea di vedere e capire Maria indaffarata tra le cose umane così come ogni donna fa nell’oggi della vita e ci piaceva e ci piace vederla ancora libera che con serenità affrontare le pagine dell’ordinaria vita di ogni giorno. Ma non possiamo non chiudere questa meditazione alla Madre Maestra del soffrire: In altri contesti già avevamo fatto riferimento a questa realtà dura, spinosa, dolorosa della sofferenza in Maria. Capire il Suo spirito, coglierne le sfumature che ci offre quando verrà sottoposta all’ora della prova, aiuta anche il nostro cammino quando, le dolcezze della vita, le nostre manie di bastare a noi stessi, le esagerate manifestazioni di autosufficienza ci abbandonano e, come bambini fragili e impauriti, nell’ora in cui siamo chiamati a vivere il dolore, spesse volte nelle assordanti solitudini delle nostre case, tendiamo le braccia a cercare chi ci sostiene, una mano che stringa forte la nostra per rendere meno feroce l’urlo della piaga che è diventata sofferenza sorda, ma spesso non si trova accanto nessuno!!!

Ecco che Lei, senza molti discorsi intrisi di teologismi o sofisticate parole, ci insegna con l’immagine dell’esserci! Maria stava! Ed esserci poi presuppone il compartecipare attivamente a ciò che sto vivendo in quel momento, senza strepiti, senza clamori, senza luci della ribalta, ma con la Sua sola presenza di Madre, Maria stava! Questo stare che potrebbe sembrare passivo, incapace di prendere iniziativa, che spinge ad un atteggiamento di rassegnazione. Ma Lei in questo stare ci insegna una seconda qualità di una Madre, la Fiducia! Lei si fidava di quanto le era stato detto e non temeva nonostante il cuore lacerato, nonostante non vi erano più lacrime da versare, nonostante il dolore che vivo ardeva nel Suo materno cuore.

Impariamo anche noi a stare, a fidarci, a dire sì all’amore sia nella gioia che nel dolore!

 

 

Di Consuelo Noviello

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