Il 31 ultimo giorno del mese di maggio una festa viene ancora dedicata alla Madre del Signore nella Visitazione appunto di Maria a sua cugina Elisabetta. Sembra ieri l’eco della Pasqua che abbiamo celebrato, sembra ormai lontano il ricordo dell’Ascensione di Gesù al Cielo, della Pentecoste dello Spirito Santo che segna l’inizio della chiesa nascente, sembra ieri iniziato il mese mariano. Vediamo quali sono le caratteristiche di questa festa e il suo significato teologico.

L’esuberanza dei sentimenti che Maria ha, erompe con vivezza nella Visitazione. Non si è chiusa in sé ad assaporare la gioia dell’intimo incontro con il Padre, che le ha dato il Figlio per opera dello Spirito Santo; si slancia in fretta a portare una comunicazione di gioia messianica a chi poteva capirla, perché essa pure, scelta da Dio, come le ha rivelato l’Angelo, aspetta un bimbo. Maria, apparsa a Nazareth serena, calma, riflessiva, ora è tutta sollecita, ardente: è la Vergine dell’incontro, del servizio, dell’annuncio di Gesù, della comunicazione della gioia, dell’esaltazione di Dio. Vera lezione di vita!

La Visitazione è complemento dell’Annunciazione, e quale complemento! Alcuni grandi temi dell’Antica Alleanza, che Luca ha già mostrato avverati in Maria, ritornano accentuati a conferma della grandezza di Lei nel piano di Dio. Come l’Annunciazione ha marcato forte la sua vocazione, la Visitazione esprime la missione di Maria: eletta, chiamata, inviata, messaggera, portatrice di Gesù nel mondo. Scena realissima e insieme simbolo: fa intuire molto di più che non dica all’apparenza. Nel racconto di Luca (1,39-45), tutto concorre a presentare la stupenda femminilità di Maria: giovane, esuberante, gioiosa, esultante, comunicativa nella sua ancora nascosta maternità verginale, che lo Spirito fa conoscere ad Elisabetta. Anche qui, come nell’Annunciazione, come sempre, dovunque si parli di Maria, il centro focale, è Gesù, il Signore presente in sua Madre. Dovunque compaia la Vergine di Nazareth, vi è il richiamo a Gesù, al Figlio suo, perché solo per Lui, Lei è. Il racconto di Luca è magnifico, tutta la pagina ha un ritmo brioso: Maria ha uno slancio incontenibile, nel bisogno di comunicare con Elisabetta, di rallegrarsi con Lei, di cantare con lei “le grandi cose” operate da Dio. Ella ha accolto come un invito ciò che l’Angelo le ha detto di Elisabetta e corre da lei. Si è proclamata “serva del Signore” e si sente sollecitata dallo Spirito a servire. Egli le ispirerà cosa dovrà fare e dire. Maria ha fretta. Ci sorprende? S. Ambrogio commenta “Lo Spirito Santo non tollera indugi”: e Maria va lieta a compiere un gran desiderio, delicata nel suo impegno, gioiosa e premurosa. Lei pensa ad Elisabetta e non a sé. Il modo con cui Gabriele le ha parlato dell’anziana parente, ora gestante, collegava con delicatezza, le due maternità. Ignoriamo sapesse di Maria, invece è evidente che un’emozione grande invase Maria, e che Lei se ne lasciò prendere, traboccando di gioia per l’iniziativa divina. Con chi avrebbe meglio potuto farlo se non con Elisabetta? Tali sentimenti esploderanno nel Magnificat, dopo che Dio avrà aggiunto grazia su grazia, e faranno vibrare tutta la scena, rendendola comprensiva e persuasiva. Lodare Dio per i suoi doni è cosa esaltante.

Che grande lezione quell’incantevole “slancio” di Maria, di ineguagliabile bellezza spirituale. Frase semplice ma eloquente. Oggi diremmo che da quel saluto si propagò una inarrestabile “reazione a catena” d’incandescenza divina: sussulto di gioia del nascituro presantificato, inondazione dello Spirito di Elisabetta, che tutto intuisce; grandi esclamazioni di lei esaltantila Benedetta fra le donne”, e il “Benedetto fruttodel grembo di Maria, riconoscimento in umiltà ed estasi, della beatitudine di Colei che ha credutoa differenza di Zaccaria. Tutto questo sgorga dal cuore della Vergine Madre. Maria va “a servire” e non farà pesare il suo servizio. Va come una gioia che si spande, e cresce tanto più nel comunicarsi. Il mistero della Visitazione è e resterà un invito ad andare, ad incontrare le creature, a porgere con delicata attenzione un servizio a chi in qualunque modo è nel bisogno che, forse, come Elisabetta, “si tiene nascosto” (Lc. 1,24). Con la presenza e il saluto Maria è la prima annunciatrice del Messia, la precorritrice del Precursore. Servendosi di lei, che portava nel grembo il Figlio del Padre, lo Spirito Santo ha presantificato Giovanni, dandogli l’investitura di “Precursore”. Come l’Annunciazione così la Visitazione e il Magnificat ci richiamano la Figlia di Sion: la presenza di Dio Salvatore nel “seno di Sion”, si realizza nella presenza di Gesù in Maria. Visitare Elisabetta, compiere quei gesti di comunione, quell’annuncio sono ispirazione dello Spirito perché in Maria, è Gesù che visita.

La Liturgia così intende la Visitazione. Il ritornello “La tua visita, Signore, ci colma di gioia” scandisce il brano del Cantico dei Cantici, che dice: “Una voce: il mio diletto! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline”. (cfr., Ct. 2,8-14). È il figlio che comunica lo Spirito, ma a Giovanni ed Elisabetta lo comunica per mezzo di Maria che l’ha concepito nella fede più viva e nella più aperta disponibilità dello Spirito. Sono armonie e delicatezze divine. Maria andava ad offrire i suoi servizi, e questi si sono trasformati in “comunicazione” di Spirito Santo.  “Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi”: anche questo inciso è Vangelo per noi: contiene un messaggio? Sì, e più di uno. Maria ci insegna a non lesinare il tempo donato agli altri, ma a restare quanto è necessario e a ritirarci appena non c’è più bisogno di noi, o il nostro restare, potrebbe avere motivi o effetti meno desiderabili. Maria non ha fatto una “fuggevole visita”, tanto “per farsi presente”, come si suole dire. Far visita a qualcuno, ricevere visite è un’esperienza quotidiana. Nell’incontro con le persone riesco a comunicare gioia, speranza, fiducia, consolazione? Comunico, con parole semplici e con il mio agire, la fede nella Parola del Signore? Possa la Vergine Madre dell’amore aiutare ognuno di noi a rispondere con verità a questi interrogativi ed a vivere, come lei lo ha vissuto, il primato dell’amore come caratteristica del discepolo del Risorto, testimone della Trinità nel farsi servo degli altri.

Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa

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