“Santa Teresa d’Avila e la sapienza della preghiera!”
    di Maria Pia Cirolla

La preghiera non consiste nel molto pensare ma nel molto amare!

Partendo da una interpretazione data alla frase della Santa Madre Teresa di Gesù, al secolo Teresa d’Avila, nota mistica spagnola, riformatrice dell’Ordine delle Carmelitane e Carmelitani Scalzi, ci sentiamo in dovere di aprire una riflessione sul significato da lei offerto sul valore e il senso  della preghiera. La sua festa liturgica si celebra il 15 ottobre.

Da queste frasi iniziali, si evince immediatamente dove si colloca il senso dell’essere donne e uomini di preghiera per santa Teresa, ovvero non nella ricercatezza di parole ad effetto che spingano a commozione il cuore di Dio, quanto piuttosto nella grandezza e nella profondità dell’amore investito amando coloro che si affacciano nel cammino.
Alle sue figlie amate del Carmelo, lascia un’eredità molto importante, potremmo dire anche impegnativa, che spinge e fa riflettere su cosa sia la preghiera per coloro che dedicano la propria vita a questa difficile, silenziosa e misteriosa missione. Dice infatti invitando ad una sorta di rivalutazione del concetto in uso sino ad allora sulla preghiera, che orare in latino pregare, nel concetto comune indica quel pregare recitare orazioni; ma per santa Teresa d’Avila pregare non è questo. Nel parlare della preghiera lei si rifà alla terminologia latina di pietas, ovvero all’amore. Dunque nell’orazione, secondo santa Teresa d’Avila, pregare equivale ad amare!

Non una recita verbale ripetuta, meccanica, mnemonica, ma l’espressione intima a Dio dei nostri sentimenti personali! Con quella libertà e confidenza che Gesù stesso ci consiglia e ci ha conquistato: quella di figli verso il loro Padre. “Posso dire, si legge nel Libro della Vita al capitolo 8, soltanto quello che so per esperienza: cioè, che chi ha già cominciato a fare orazione non pensi mai più di tralasciarla, malgrado i peccati in cui gli avvenga di cadere. Con l’orazione potrà presto rialzarsi, ma senza di essa sarà molto difficile. Non si faccia tentare dal demonio a lasciarla per umiltà, come ho fatto io, e si persuada che la parola di Dio non può mancare. Se il nostro pentimento è sincero e proponiamo di non offenderLo più, Egli ci accoglie nell’amicizia di prima, ci fa le medesime grazie di prima e alle volte anche più grandi, se la sincerità del pentimento lo merita”.
A pregare s’impara pregando. Chi vuole crescere nell’amore di Dio non si deve fermare ai primi gradini, per questo è necessario passare dalle preghiere alla preghiera, cioè avere meno formule da recitare e più tempo per la preghiera del cuore. Le preghiere vocali sono i primi gradini della preghiera: sono vere preghiere, solo se sono dette adagio e le parole sono accompagnate dalla mente e dal cuore, come il Rosario e tante altre pratiche della pietà cristiana. Così scriveva di lei Papa Paolo VI: . “(…) la vediamo apparire davanti a noi, come donna eccezionale, come religiosa, che, tutta velata di umiltà, di penitenza e di semplicità, irradia intorno a sé la fiamma della sua vitalità umana e della sua vivacità spirituale, e poi come riformatrice e fondatrice d’uno storico e insigne Ordine religioso, e scrittrice genialissima e feconda, maestra di vita spirituale, contemplativa incomparabile e indefessamente attiva. Com’è grande! com’è unica! com’è umana! com’è attraente questa figura!”. Una delle immagini, tra le tante, che ci ha offerto sulla disposizione dell’anima nella preghiera, è quella che vede contemplare il Gesù del Getsemani, là dove nell’abbandono da tutti e di tutti, attendeva il compiersi del Suo tempo, della missione disegnata per Lui per la salvezza dell’umanità. Per preghiera spontanea intendiamo quella che nasce dentro facilmente, senza sforzo, senza metodo, stimolata da quanto conosciamo della Rivelazione; è come una risposta istintiva a Dio che si rivela. Essa è presente in ciascun uomo, in ciascuna persona umana, pur se in modi assai diversi. Teresa l’ha praticata fin dall’infanzia. Scriverà che già prima di entrare nella vita religiosa aveva una specie di incontro quotidiano con Cristo nell’orto degli Ulivi: “Sono convinta che da ciò la mia anima si sia molto avvantaggiata, perché cominciavo a fare orazione senza neppur sapere che cosa fosse”. Ecco allora arrivare al centro del suo elevato suggerimento su quale sia il senso e il valore della preghiera autentica: “l’orazione mentale non è altro – per conto mio – che un trattare con amicizia, intrattenendosi molte volte da soli con Chi sappiamo che ci ama” (Vita 8,5).
Teresa è profondamente innamorata del Signore, il Suo Sposo, la Sua Unica Consolazione, la Sua ispirata identità femminile trova in Lui l’inizio e il compimento del suo essere donna, madre, amica, sposa dello Sposo. Da innamorata utilizza l’esempio della sposa che stà accanto al Suo Sposo fosse solo per fargli un po’ di compagnia. Pregare è stare, come Maria ai piedi della Croce, nella grotta a Betlemme, nel cammino della vita tra gioie grandi, vuoti incolmabili, sofferenze e dolori incalcolabili. L’amore col quale ama Gesù, fa dire di trattare con amicizia, confidenza piena questa relazione, alla pari. Nel testo spagnolo da cui è stato tradotto il libro della Vita, la frase su citata così era scritta: “tratar de amistad estando muchas veces tratando a solas con quien sabemos nos ama”. L’elemento fondamentale è in quel trattare che vuol dire mantenere un rapporto. La grande intuizione di Teresa di Gesù è quella di essere riuscita, attraverso la propria esperienza di un cammino spirituale fatto di gioie, fragilità (e poi di immensi doni del Signore), a comunicare in modo così semplice una grande verità: quella di un Dio vicino, accessibile che desidera avere un rapporto con noi. Intrattenersi con noi da vero Amico.
L’orazione non è un monologo intriso di assordante solitudine che non ha effetti sul nostro interlocutore che è Dio, anzi quando lei specifica che noi manteniamo un rapporto di intima amicizia con Colui dal quale sappiamo di essere amati, ci dà un’indicazione importante: ogni preghiera è ispirata da Dio. E in Dio Teresa ci mostra Colui che ci ama da sempre. Per lei è fondamentale la convinzione di essere amata (scriveva il noto esperto di Santa Teresa d’Avila P. Tomàs Alvarez). Se pensiamo alle nostre esperienze di amore o di amicizia profonda comprendiamo anche il vero significato della frase usata da Teresa: “da solo a solo”.
Essere “da soli” o meglio “da solo a solo” non significa pregare isolato dagli altri, anche se ci sono dei momenti in cui è opportuno pregare in disparte (e lo fa anche Gesù nel corso della sua vita terrena). Ma io e Dio, tu e Dio possiamo avere quest’esperienza di intimità anche in una grande assemblea liturgica. Perché quel “solo a Solo” significa che per me, in quel momento, c’è solo Lui e io non desidero altro che staccarmi da tutto ciò che non è Lui, che mi distrae da Lui. E’ un’attitudine interiore. Molti insegnano che nella preghiera bisogna svuotarsi di tutte le rabbie e le preoccupazioni, deponendole ai piedi di Gesù, consegnandoli nelle sue mani. A volte è difficile, ma possiamo fare anche di queste difficoltà l’argomento della nostra orazione. Nell’orazione si è davanti a Dio, con la propria anima messa a nudo, nella verità. E’ il momento in cui possiamo dirgli tutto quello che abbiamo nel cuore, anche la nostra incapacità di pregare.
“Trattate con Lui come con un padre o un fratello, come con un signore, come con uno sposo; una volta in un modo e una volta in un altro” (Cammino 28, 3)
E’ un rapporto di amicizia e di amore, in cui noi impariamo a gustare il piacere di essere con Chi ci ama e può riempirci dei suoi doni. Maestri di orazione, come Teresa d’Avila c’insegnano come la vita di preghiera abbia sempre effetti sull’anima. E non occorre essere monache, monaci: tutti possiamo riuscirci.
Possa il suo insegnamento mantenere viva la speranza in questo mondo che, in modo sordo, aumenta la sensazione dell’inutilità della preghiera elevata al Dio della vita. Sia da stimolo nelle circostanze del cammino perché la preghiera diventi una necessità della vita non un rifugio nella disperazione. Doni sempre quelle parole necessarie all’anima per nutrirla quando il dubbio, la paura, la tentazione del non senso, assalgono la certezza della sua immensa grandezza che porta al dialogo intimo con Dio e ci trasforma nel nostro essere fatti a Sua immagine. Ci consenta questo modello di preghiera viva di trasformare la sterilità delle nostre parole in seme fecondo per la vita quella di autentico amore e nella Verità.

 

Di Consuelo Noviello

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