Nella Croce, stoltezza per molti, simbolo di fallimento per altri, segno di povertà per altri ancora, si nasconde e si consuma la più bella storia d’Amore di tutti i tempi, quella della salvezza, operata da Dio per l’umanità!!!
In hoc signo Vinces: “in questo segno vincerai”. Partire con la definizione di una vittoria rapportata alla Croce e al mistero che contiene, sembrerebbe quasi un’offesa, una mancanza di rispetto al dolore lacerante che sul Gòlgota si consuma nella giornata odierna. Si consuma perché non è la rivisitazione di un fatto storicamente accaduto, quanto piuttosto la ripresentazione dell’evento che si attualizza nell’oggi della nostra vita. In questo segno vincerai, di memoria storica, la frase è la traduzione dal greco ἐν τούτῳ νίκα che letteralmente tradotto dice “in sotto questo vinci”. Ma oggi non è questo il motivo della nostra meditazione quanto, con voi, soffermarsi qualche istante dal caos del mondo, ai piedi di quella Croce da cui pende l’Unico Giusto. Tante le scene che hanno accompagnato questo momento, scene della cattiveria gratuita, del godimento nel vedere soffrire, “come agnello mansueto non apriva la bocca dinanzi ai suoi tosatori”.
La scena che più resta impressa nella mente, nei passi che dolorosamente conducono al Calvario, al Golgota, luogo dove si consumerà la condanna del Salvatore, resta davvero senza giustificazione, senza motivazione valida di un simile gesto. La Via dolorosa vede un Gesù ancora una volta “solo”. No ci sono più gli Osanna, non ci sono più voci del coro in festa, ci si nasconde, si fugge via, si rinnega persino di averlo mai conosciuto. Poche le figure che gli restano fedeli nell’ora della condanna, nell’ora della prova. Proprio sulla Via Dolorosa, una donna, la Veronica, mossa a pietà nel vedere il viso del Signore ridondante di sangue, gli va incontro per portargli sollievo asciugando quel sangue in eccesso versato. Prima della strada verso la Croce, la “flagellazione” momento deciso dal potere del romano Pilato, Governatore dell’epoca della Giudea e della Galilea, per dare una lezione al silenzio che Gesù predispone dinnanzi a domande prive di senso e di spessore. “Sai che ho il potere di metterti a morte e darti la vita!!!”. Un Ponzio Pilato che decide di sottolineare da subito chi è che decide, alla maniera umana, sono io che posso fare qualcosa per te. Senza rendersi conto che Colui al quale stava parlando aveva, ed ha, il potere di scuotere le fondamenta persino all’Inferno. Il dolore prodotto dai flagelli, credo possa essere solo lontanamente immaginato, sfiorato, perché se provato o sentito, resteremmo tutti, nessuno escluso nel terrore, nella paura e scapperemmo a gambe levate per non subire questa indegna sorte. E ancora, sulla via dolorosa, un certo Simone di Cirene, viene chiamato a dare una mano nel portare una Croce a Gesù, ormai ridotto allo stremo.
Portare la “croce” di un condannato a morte, nella tradizione, significava sporcarsi le mani dello stesso peccato, e Simone dopo averlo guardato, aiutato per un pezzetto di strada, mentre si arriva ai piedi del Calvario, scappa via per timore nel vedere così massacrato un Uomo Giusto, un Uomo che è Dio, ridotto come un malfattore. E si arriva lì, nel luogo in cui la morte attende il Signore, una morte infame risultato di una condanna triplice: da parte del suo popolo, da parte della giustizia, dalla parte di tutti anche quelli che hanno avuto da Lui benefici, miracoli, hanno avuto la gioia di essere salvati. Restiamo lì con Lui ora per qualche istante: appeso ad una Croce, che sta per esalare lo spirito, Padre perché mi hai abbandonato? Timore, che tutto possa risultare per alcuni lo spettacolo di una giusta vittoria. Accanto a Lui, il Re dei Re, due malfattori, dalla bocca di uno dei due escono parole di condanna, se sei Dio salva Te stesso e noi! Dalla bocca dell’altro la pietà e il bisogno di chiedere perdono che gli costerà il guadagnarsi il passaggio al Paradiso, casa del Padre. Ma le parole e le figure su cui desideriamo porre gli ultimi scatti di queste scene del dolore offerto, sono le parole pronunciate da Gesù prima di morire sulla Croce: “Padre perdona loro…non sanno quello che fanno!!!”. Ecco chi è l’Uomo/Dio Gesù.
Colui che è capace di non portare odio, rancore, desiderio di vendetta anche davanti alla assurda atrocità di cui è stato vittima. Non c’è dubbio che ci troviamo di fronte a una delle frasi più commoventi di tutta la storia; un cuore che ama tanto da poter chiedere misericordia per i suoi carnefici nel momento massimo del dolore e della sofferenza. Lo dice bene san Giovanni, “avendo amato i suoi li amò sino alla fine” (Gv 3,16). All’estremo di dare la sua vita, e in mezzo al dolore di pronunciare quelle parole. Questo è ciò che fa il vero amore; non calcola, non pone limiti, non dubita, semplicemente si arrende. Il vero amore può fare tutto, non ha barriere! se le ha, allora non è amore. Così deve essere il mio amore per Cristo, deve portarmi a dare tutto, anche la mia vita, a donarmi totalmente senza calcolare se mi va o no. Sono chiamato a raggiungere quel livello di amore, ecco perché devo cominciare d’ora in poi, a essere nel piccolo, amare nel piccolo, per arrivare ad amare nel molto, nel grande, nell’eroico. Ma per questo, devo mettere più amore nella mia vita ogni giorno, facendo tutte le mie azioni con amore. Metti l’amore nella tua vita e tutto andrà meglio. Gesù aveva davvero ragione. Se potessimo capire cos’è il peccato, cosa provoca e come ferisce Dio, non continueremmo a farlo. Se potessimo capire di cosa si tratta, lo odieremmo. Per darci un’idea, è sufficiente dedicare qualche istante a contemplare la passione di Cristo.
Fortunatamente per noi, la misericordia di Dio è infinita ed è quello che ci ha salvati e ci salva, ogni giorno. Immagine di chiusura di questa giornata è Maria, Madre di Dio e Madre Nostra. “Stabat Mater dolorosa!!” la Madre sotto la Croce stava, restava lì nel suo silenzio straziato degli ultimi istanti nel sentire respirare il Figlio Suo affannosamente. Questo “stare” di Maria ci aiuta a capire chi era Lei davvero, chi è Lei nella realtà. Davanti a questa impressionante carica di dolore, la Sua sola presenza significava per il Figlio, io ci sono, sono accanto a te, ti sostengo con la mia presenza, Ti amo. Come tutte le mamme fano, come ogni mamma desidera stare accanto alla creatura generata per amore. È un grande insegnamento dello di Maria offerto a tutti noi. Davanti al dolore non si scappa, non si fanno scongiuri, non si esorcizza che a me non possa capitare mai, ma si sta. Ed allora restiamo anche noi ai piedi di quella Croce e chiediamo aiuto davanti alla fragilità, davanti alle mancanze, davanti a tante croci che abbiamo generato o che abbiamo subito, restiamo là, fidiamoci di Lui, come Maria, che con gli occhi pieni di lagrime e una spada nel cuore, stava accanto al Figlio che aveva amato e che amava, fino alla fine, fidandosi che Dio non può avere generato tanto dolore solamente come scenario della prevalenza dell’odio. Ecco il Venerdì Santo nell’oggi del nostro cammino, scegliamo dalla parte dove stare, scegliamo di essere una delle figure che stanno accanto, non per bisogno, non per timore, non per convenienza, ma per Amore.
Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa