Discernimento!

Comprendere l’agire di Dio

(Cfr. At 2, 14.36 – 41)

Il discernimento in senso generale, è un giudizio sulla qualità delle cose, che porta a separare quelle buone da quelle cattive, che conduce, per gradi, alla scelta tra le varie possibilità che vengono a noi offerte di quel Bene che è desiderio di molti.

Esiste un discernimento umano, secondo la carne, fatto secondo criteri scelti dal mondo (quali ad es. possono essere il successo, la ricchezza, il potere, la bellezza).

Ma esiste anche un discernimento spirituale, fatto dal credente, secondo i criteri suggeriti dallo Spirito, dettati da questa fonte di grande forza generata dal Fuoco di questo Amore, perché, lo Spirito Santo, è Amore. Per poter ottenere e riuscire a possedere un vero discernimento spirituale, occorre uscire dalla prigionia della carne ed entrare nella vita secondo lo Spirito. Questo consiste in un atto di giudizio nella fede fatto dal credente, quindi include e prevede la radice del credere, tra le fonti principali che la rendono vera, autentica.

Giudicare nella fede significa: giudicare da uomini spirituali, le situazioni concrete della vita personale, della vita del gruppo, per distinguere (“discernere“) le vie di Dio e orientare le proprie azioni verso di esse.

Il libro degli Atti ci aiuta a cogliere la particolare importanza, in cui sono presenti le situazioni del discernimento, il ruolo dello Spirito e in modo specifico in Atti 2, 14.36-41.

In questo testo l’evangelista Luca, a lui viene attribuita la realizzazione di questo libro, indica le conseguenze del discorso programmatico pronunziato da Pietro davanti a un pubblico giudaico nel giorno di Pentecoste (2,14-36). Dopo aver ripreso le parole con cui il narratore lo aveva introdotto (v. 14a) e la frase conclusiva (v. 36), prosegue poi con il brano in cui sono riportate la domanda dei presenti e la risposta di Pietro (vv. 37-41).

Questo brano mette in luce il processo che l’annunzio evangelico provoca in coloro che sono disponibili ad esso e non lo rifiutano a priori. Esso comporta quattro tappe: la conversione, il battesimo, il perdono dei peccati e il dono dello Spirito. Quanto all’etimologia, “discernimento” deriva dal verbo latino discernere, composto di cernere (vedere chiaro, distinguere) preceduto da dis (tra): dunque, discernere significa “vedere chiaro tra”, osservare con molta attenzione, scegliere separando. Il discernimento è un’operazione, un processo di conoscenza, che si attua attraverso un’osservazione vigilante e una sperimentazione attenta, al fine di orientarci nella nostra vita, sempre segnata dai limiti e dalla non conoscenza. Come tale, è un’operazione che compete a ogni uomo e a ogni donna per vivere con consapevolezza, per essere responsabile, per esercitare la sua coscienza. Quando sperimentiamo la fatica della scelta, il dubbio, l’incertezza, oppure cerchiamo un orientamento nella vita quotidiana o nelle grandi decisioni da prendere, noi dobbiamo fare discernimento. Nel cristiano, poi, radicandosi su questa dimensione prettamente umana, il discernimento si manifesta come sinergia tra il proprio spirito e lo Spirito Santo, il Soffio della vita interiore spirituale e della vita comunitaria cristiana: “lo Spirito attesta al nostro spirito” (Rm 8,16). Il discernimento cristiano non è riducibile a un metodo e a una tecnica di introspezione, di maggiore conoscenza di sé, ma è un itinerario che richiede l’intervento di un dono dello Spirito, di un’azione della grazia. Sì, ascoltare lo Spirito, ascoltare la voce di Dio che parla nel cuore umano, nella creazione e negli eventi della storia, richiede di riconoscere innanzitutto questa voce tra tante voci, nella consapevolezza che la voce di Dio non si impone, non comanda, ma suggerisce e propone, anche con un sottile silenzio (cfr. 1Re 19,12).

All’interno della grande tradizione cristiana, una definizione del discernimento molto chiara e sintetica e, nel contempo, articolata, è quella di Giovanni Climaco (metto in evidenza i termini greci, che ci torneranno utili nel prosieguo):

Il discernimento mi aiuta a crescere e a capire ciò che è buono e ciò che non è buono, per la mia persona, per la mia anima, per il mio spirito, per la mia fraternità. L’operazione del discernimento ha tre momenti importantissimi:

  1. La memoria;

  2. L’intelletto;

  3. La decisione e della scelta per quella volontà di Dio.

Il momento della memoria è la fase in cui raccolgo delle informazioni, raccolgo i dati inerenti a quell’argomento che io voglio porre in discernimento.
Il secondo momento è ancora più importante, perché è qui che si compie il discernimento propriamente detto, dove si cerca di analizzare e comprendere i dati, le informazioni che ho raccolto: quindi mi metto a pensare, ad ipotizzare su quella determinata decisione che io voglio prendere nella mia vita.
Il terzo momento è quello in cui io sono chiamato a fare una scelta.
Dice Sant’Ignazio di Loyola: “la scelta va fatta se io sono pienamente consapevole, deciso, dopo aver vagliato attentamente, con l’aiuto di altri, dopo tanta preghiera, solo così si giunge a una conclusione”. Vorremmo concludere questa parentesi sul discernimento dicendo alcune cose che possono essere un aiuto: sappiamo davvero fare discernimento in un’epoca convulsa, intrisa di chiasso e di straordinaria vendita di parole? Lasciamo ancora, da cristiani, che sia lo Spirito Santo ad agire nelle vite, lo lasciamo operare così come la sua “ruah”, il suo “soffio o anelito” di vita elargisce ancora? Crediamo che sia utile discernere, ovvero separare quelle vie infruttuose che ci appaiono in alcuni tratti ricche e le migliori?

Domande aperte che ognuno, responsabilmente, e liberamente ne darà risposta! 

Di Consuelo Noviello

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