“Dall’Osanna al Figlio di Davide” a “Crocifiggilo”
L’atteggiamento dell’uomo dinnanzi alla Grazia
Questi sono giorni importanti! Quelli che si stanno consumando sotto i nostri occhi e con le emozioni che investono le nostre anime e i nostri cuori. In questa giornata delle Palme la chiesa si stringe attorno a quelli che sono i momenti forti del passaggio del suo Maestro che sta per concludere la sua missione e presenza in questo mondo. Ci sta a cuore ripercorrere questi istanti che precedono il passaggio finale della vita di Cristo, Nostro Signore, facendo qualche riflessione insieme. Il momento centrale di questa Domenica che apre le celebrazioni di quella che viene denominata la Settimana Santa, fa rivivere ai credenti del mondo le azioni sviluppatesi attorno al processo pubblico subìto da Gesù, alla farsa di una difesa che già conteneva in sé una condanna a morte, all’invidia dei Farisei, dei dotti della Scrittura, ai giudici del bene morale pubblico, alla follia della gente che si scatena gridando a due voci sentimenti contrastanti. Sarà la parentesi di un’umanità, che in verità, nel trascorrere del tempo, non pare sia cambiata di molto. Una prima voce esalterà il Messia, Osanna al Figlio di Davide, benedetto Colui che viene nel Nome del Signore…per ripetere poche ore dopo il processo nel Tribunale ebraico, Sinedrio prima e davanti a Pilato poi, “Crocifiggilo” permettendo ad un malfattore di nome Barabba di tornare libero per volontà del pubblico compiacente e attore così di un gesto crudele; con la stessa rapidità si consuma un atto di grande e superficiale egoismo: la mia sopravvivenza a discapito di un giusto!
Ecco che la nostra riflessione si fa molto più amara se guardiamo a quelli che sono i fatti che ci circondano in questo tempo! Sì, si fa amara e lascia una sorta di insopportabile rassegnazione, di passività, sembrerebbe gridare al mondo che le potenze del male, quelle che operano senza la minima considerazione del bene oggettivo di ogni individuo, non solo non sia ascoltato ma prevalga a discapito del rispetto minimamente considerato dei più fragili.
La Domenica delle Palme vede il ripetersi di un semplice rituale, se non allarga il cuore e le coscienze ad operare con equità e con quella velata nostalgica sensazione a più voci richiesta di “giustizia”. Ripropone la stessa immagine che abbiamo nostalgicamente custodita nel cuore ma che non porta frutto di conversione se rimane solo con l’etichetta del dovere religioso, per tutti. Produrrà la commozione del momento alla stessa maniera di chi agisce pentendosi delle gesta compiute ma sa in cuor suo che appena potrà, le ripeterà senza pensarci su un attimo. Dunque arriva la Settimana del ripercorrere con Gesù le tappe del suo momento di durezza, di solitudine, di tradimenti, di apparenti partecipazioni che si trasformeranno in indifferenze, almeno per i più che lo hanno conosciuto, lo hanno incontrato e che da Lui hanno tratto benefici. Si rivive il grande momento della notte delle tenebre, della paura, diciamo pure dell’angoscia di essere Soli. Ma la Sua solitudine è vissuta da Dio, da Figlio di Dio ecco la differenza dalle nostre piccoli grandi solitudini, piccole e grandi paure, piccoli e grandi fallimenti. Il mondo si schiera sempre in ogni tempo lo ha fatto, e di solito dalla parte più comoda, più facile, si adatta alle circostanze per non correre il pericolo di essere escluso, di vivere una libertà che si rivela falsa, illusoria, ingannevole e fuorviante. Discorsi, fiumi di parole spese a dare ragione di questi giorni vissuti dal Maestro. Ma chi può davvero essere in grado di sapere cosa abbia potuto provare davvero? Chi può essere capace di dare lettura delle emozioni provate, sentite che hanno lacerato, fatto sudare sangue, portato al grido di “Elì, Elì, Lemà Sabactanì?”, “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?”.
Chi può avere la superbia di farsi portavoce di una sofferenza immensa che non può essere racchiusa in nessun aggettivo comodo per poterla descrivere? Chi può? Chi osa farlo? Solo chi si sente di stare dalla parte del senso del rispetto, dell’indegnità di avere ricevuto un simile beneficio di cui non basta una vita intera spesa a servizio del bene per riuscire a restituire una piccola, infinitesima parte della Grazia infinita ricevuta. Poi ci sarà anche oggi un “ladrone pentito” che riuscirà a strappare la salvezza da condanna commiserando, e pentendosi nel momento difficile in cui si è messi a nudo con sé stessi, dove la vita si affossa e le sicurezze svaniscono, sì ci sarà sempre un piccolo ladro che ruberà la grazia e che magari Dio solo sa se la merita e la concede davvero. Domenica delle Palme che esprime un desiderio di Pace!
Altro punto cruciale di questo tempo! Si parla di Pace come bene necessario per vivere serenamente tra le nazioni, tra i popoli, tra le diversità ma quanti educano davvero alla pace? Quanti sono esempio e testimonianza di pace? Si chiede pace e si stimola alla rivalità! Si predica pace e si usa la discriminazione! Si urla Pace vogliamo la Pace ma sempre più si agisce generando azioni di disgregazione, di separazione tra le famiglie, nel lavoro generando baratri di differenze e allontanando poi questo nobile sentimento: la Pace! Il gesto dell’accogliere Gesù tra gli Osanna, meravigliosa pagina di ringraziamento ad un Giusto che aveva compiuto del bene, aveva operato prodigi e segni per far capire la natura del folle amore del Padre. Voleva che la gente potesse cogliere di Lui e in Lui non Colui che moltiplica i pani e i pesci sfamando migliaia di creature, non Colui a cui i demoni si sottomettono, non come chi sta lì per dividere ma come chi è venuto per portare a compimento una volontà: quella del Padre Suo che è nei Cieli e dei Cieli ne è l’Autore, l’Onnipotente. Vorremmo chiudere questa nostra breve meditazione su una scena dell’entrata a Gerusalemme di Gesù prima che si compissero i suoi giorni della Passione che però sfoceranno non nella morte ma nella Risurrezione. La scena è la seguente: in accordo con i Vangeli, Gesù Cristo giunse a Gerusalemme sul dorso di un asino, mentre molti della folla in festa stendevano sulla strada i propri mantelli e i rami di palma al suo passaggio, cantando alcuni versi: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli. Ci colpisce la figura che è messa in campo quella dell’asino, che appare anche in altri contesti della Scrittura. La voglia di sentirsi portatori di un così grande dono sale a meditazione, siamo noi come questo docile animale capaci di portare i pesi sul nostro dorso? Sappiamo essere mansueti, docili e silenziosi? L’asino è un animale addetto a lavori umili e faticosi, ma nella Bibbia viene menzionato in eventi significativi, come appunto l’ingresso del Messia nella città santa, Gerusalemme e assume così un rilievo particolare. L’asino è quindi la cavalcatura connessa al salvatore d’Israele, che diviene simbolo del Messia stesso. Sant’Ambrogio vede nell’asino il simbolo dell’uomo umile che offre se stesso per portare Cristo nel mondo e san Francesco lo mette nel presepe accanto al piccolo Gesù, consacrando definitivamente il suo ruolo nell’immaginario cristiano. L’asino, che in questa domenica, con discrezione, accompagna Cristo nel suo ingresso in Gerusalemme, ci sia da monito per ricordarci la dignità di servire senza chiedere di essere necessariamente al centro dell’attenzione e la preziosità di saper essere “portatori di Verità”, in quanto veicolo per essa, senza avanzare richiesta di privilegi per i nostri meriti.
Possano questi giorni insegnare in profondità i valori dell’umiltà che non è umiliazione!
I valori dell’amore donativo che non significa possesso di ciò che rende me felice!
Il dono della Grazia si rinnovi e rifiorisca nei cuori portando a quel cambiamento radicale di cui oggi la terra, il mondo ha bisogno nella Verità.
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