Quale messaggio possiamo scoprire oggi su un santo così vicino alla gioventù come lo è stato, ed è da sempre, San Giovanni Bosco? San Giovanni Bosco era dotato di speciali doni soprannaturali: scrutava i cuori, annunciava profezie per il suo tempo e quello a venire, intercedeva per la realizzazione di grazie e miracoli.

Vediamo quali spunti possiamo ripercorrere insieme.


Don Bosco è uno dei santi più celebri e più fraintesi della storia della Chiesa. A molti sembra di conoscerlo, ma pochi lo conoscono realmente. Anche se di certo non mancano i libri che parlano di lui, raramente la sua figura e, soprattutto, la sua spiritualità sono presentate in modo corretto e completo. Don Bosco è stato figlio spirituale di un santo sacerdote formatore di santi sacerdoti, ovvero san Giuseppe Cafasso, è stato per molti giovani padre e maestro, anche di quelli più difficili, di cui aveva l’ardire di volerli trasformare in “onesti cittadini e buoni cristiani” e così è stato anche grazie al suo metodo preventivo (ragione, religione, amorevolezza). È stato direttore spirituale di santi ragazzi, come san Domenico Savio. È stato difensore, maestro della Chiesa, lottando tenacemente contro le violente idee liberali e massoniche che perseguitavano la Chiesa stessa e cercavano di penetrarvi al suo interno. Nato a Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) da una famiglia di contadini, rimase orfano del padre Francesco quando non aveva ancora due anni, con la madre Margherita che dovette moltiplicare le fatiche. L’educazione materna fu fondamentale per lui, che ad appena 9 anni ebbe la prima rivelazione celeste sotto forma di un sogno profetico. Come scriverà nelle Memorie, vide “una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano”.

A quel punto vide un uomo maestoso, con il viso così luminoso che non riusciva a fissarlo: si presentò come “il Figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno”, chiedendogli di farsi amico di quei ragazzi, con la carità e la scienza: “Spiegagli che il peccato è una cosa cattiva e che l’amicizia con il Signore è un bene prezioso”. Accanto a Lui apparve una donna maestosa e dopo degli animali feroci che diventavano agnelli mansueti e gioiosi. “Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare”, gli disse la donna, aggiungendo: “Tu lo dovrai fare per i miei figli”. Di fronte a simili affermazioni vissute e radicate nel cuore e nella vita di Don Bosco, già possiamo cogliere come, la missione che svilupperà era prima di tutto sentita come forma di obbedienza a una vocazione predestinata. Non è scontato. Non è evidente. Non è per tutti così, è vero. Pervenire ad una precisa identificazione della spiritualità di Don Bosco non è una impresa facile; non per nulla è forse l’aspetto della sua figura meno approfondito. Don Bosco è un uomo tutto dedito al lavoro apostolico; non ci concede descrizioni delle sue evoluzioni interiori, né ci lascia riflessioni particolari sulla sua esperienza spirituale. Con il termine spiritualità si vuole significare un modo specifico di intendere la santità cristiana e di perseguirla, ordinando la propria esistenza al raggiungimento della perfezione e alla partecipazione a un particolare carisma, e il vissuto di fede in cui si realizza si incentra nell’amore che è la natura e la vita stessa di Dio (Cfr., Chávez, 2014). La spiritualità salesiana si colloca in questo quadro e presenta anch’essa al suo centro la carità che si qualifica per la caratteristica propria della “pastoralità” ossia consiste essenzialmente in quell’amore che ci spinge ad operare instancabilmente per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Da dove partire per disegnare la spinta spirituale in Don Bosco? Partiamo da qui: la gloria di Dio e la salvezza delle anime, questo il binomio da cui prenderà vita il suo operato. Da una parte Dio rivela al mondo l’Amore che Egli è, cioè la sua gloria, e dall’altra attua la sua volontà di bene per l’uomo, cioè la salvezza della sua anima.

Così la fondazione dell’oratorio a Torino rientra a pieno diritto nel piano di Dio per l’umanità: si tratta di continuare a servizio dei giovani poveri e abbandonati la finalità presente nell’Incarnazione del Figlio, inviato per raccogliere insieme nella Chiesa sacramento di salvezza tutti i figli di Dio dispersi nelle strade dell’errore e tra i miraggi di falsi beni. Le opere compiute da Don Bosco e tanto celebrate non sono semplicemente frutto delle sue singolari doti umane, ma la ragione profonda del loro successo va cercata nella sua unione con Dio. Questa è la vita divina che si trova in noi per partecipazione e consiste nel vivere la propria esistenza in Dio e alla sua presenza. Il vissuto concreto di Don Bosco fa trapelare questo legame intenso con il Padre che diventa segno affascinante per i giovani, capace di attirarli numerosi a lui. La sua spiritualità va senz’altro qualificata come attiva, dinamica e ispirata, è impegnato in prima persona nell’azione, spinto dall’urgenza delle problematiche giovanili del suo tempo e dalla consapevolezza della sua vocazione. Il distacco ascetico riceve significato dall’attività apostolica in quanto gli permette di dedicarsi pienamente alle opere a cui Dio lo chiama. Dalla sua azione instancabile emergono da una parte la consapevolezza della relatività delle cose e dall’altra il senso della loro utilizzazione per la missione.

Fin qui sembra cosa semplice, anzi forse banale, ma quanto impegno e fedeltà richiede tutto questo! Quanta capacità di abbandonarsi nella “volontà del Padre” che scientemente e divinamente sa di cosa siamo fatti e cosa è previsto per ognuno realizzare per la Gloria di Dio e la salvezza delle anime che di Lui si fidano e in Lui confidano. Ogni vita di santi, quando la si analizza, sembra essere tutto bellissimo, perfetto, celestiale: poche volte, per non dire quasi mai, si fa menzione degli aspetti oscuri delle loro vite, delle assenze e dei vuoti, percepiti come tali, ma non realmente così di Dio che tace, che non ascolta, che sembra aver lasciato mani e vite al destino cosiddetto e in balìa di eventi, positivi e meno. Ebbene oggi 31 gennaio 2025 quale insegnamento ci lascia questo amico da tutti indicato come “Don Bosco” il padre dei giovani? Don Bosco ha incarnato i valori fondamentali della sua vocazione in fatti sociali concreti, evitando di chiudersi nello spirituale, nell’ecclesiale o nel liturgico intesi come spazio privo delle difficoltà della vita. Non ha vissuto la sua vocazione come una nicchia protettiva, ma ha cercato senza paura il confronto aperto con una realtà vasta e differenziata. Il percorso della santità è comune a ogni persona, a ciascuno secondo la sua condizione. Non presenta differenze di gradi, si accompagna alla gioia e all’allegria e non esige penitenze ma impegno e responsabilità. Don Bosco è l’amorevolezza, da intendersi come amore manifestato e percepito, nel quale si rivelano la simpatia, l’affetto, la comprensione e la partecipazione alla vita dell’altro. Egli afferma che nell’ambito dell’esperienza educativa non basta amare, ma è necessario che l’amore dell’educatore si esprima mediante gesti concreti ed efficaci. Grazie Don Bosco…

Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa