Quale può essere il messaggio della Solennità odierna che vede la Madre del Signore Assunta in Cielo tra la Gloria di Angeli e di Santi? Perché irrompe nel bel mezzo delle “feriae augustae” il nome di Maria così forte da offuscare ogni altra ragione di riflessione?
Il mese di agosto rappresenta per la mentalità popolare il culmine delle vacanze per eccellenza, invocato e denominato come “ferragosto”. Tra le diverse festività del mese, oltre Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), San Domenico di Guzman, san Lorenzo Martire, Santa Chiara d’Assisi, Sant’Ippolito, Santa Rosa da Lima e altre/i, si festeggia l’Assunzione della Vergine Maria al Cielo, per essere stata la Madre di Gesù, Figlio Unigenito di Dio e per essere stata preservata dalla macchia del peccato. Maria come Gesù, fu elevata da Dio alla Vita Eterna. Sia in Oriente che in Occidente, è tra le feste Mariane più importanti, l’Assunzione quale dogma viene proclamato da Papa Pio XII durante l’Anno Santo il 1 novembre del 1950 con la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus. A partire dalla Pasqua, il cammino dell’anno liturgico è tutto un involarsi tra cielo e terra: la Resurrezione, l’Ascensione di nostro Signore, poi lo Spirito Santo che scende sulla terra attraverso la Pentecoste sugli apostoli e ancora, con la Trasfigurazione, Gesù che riassume in sé la natura umana e quella divina. Arriviamo all’Assunzione di Maria, il 15 agosto, salita in cielo in corpo e anima. La successione liturgica non è casuale: il progetto salvifico si approfondisce e si rinnova nelle festività che si susseguono durante l’anno.
L’Assunzione ricorda il dies natalis di Maria, ovvero il giorno che segna il momento della fine della sua vita terrena e l’inizio di quella trascendente, del senza fine, accanto al Figlio. E dies natalis era chiamato nel mondo paleocristiano il giorno della morte del credente, che non era considerato la fine dell’esistenza umana ma la rinascita. Infatti la memoria liturgica dei santi cade sempre nel giorno della loro morte e non della nascita. Il Concilio di Efeso convocato da Teodosio II, nel 431, conferì a Maria l’appellativo di Theotokos (dal greco Θεοτόκος), portatrice – ovvero madre – di Dio, superando la definizione più cauta data dall’Arcivescovo di Costantinopoli Nestorio di Christotokos (dal greco Χριστοτόκος), ovvero portatrice di Cristo. Dalla definizione conciliare scaturisce la naturale deduzione che Maria, avendo portato nel grembo Dio e quindi essendo esente da ogni forma di peccato, non poteva essere soggetta alle leggi della natura. Le spoglie della madre di Dio non potevano essere corrotte dalla morte. Il suo corpo doveva essere preservato: è così che fu assunta in cielo interamente, in anima e corpo. Il teologo arabo di fede cristiana Giovanni Damasceno, vissuto tra la seconda metà del VII secolo e la prima dell’VIII, afferma infatti: “Era conveniente che colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Era conveniente che colei che aveva portato nel seno il Creatore fatto bambino abitasse nella dimora divina. Era conveniente che la Sposa di Dio entrasse nella casa celeste. Era conveniente che colei che aveva visto il proprio figlio sulla Croce, ricevendo nel corpo il dolore che le era stato risparmiato nel parto, lo contemplasse seduto alla destra del Padre. Era conveniente che la Madre di Dio possedesse ciò che le era dovuto a motivo di suo figlio e che fosse onorata da tutte le creature quale Madre e schiava di Dio (Homilia II in dormitionem B.V. Mariae, 14 (pag. 96, 742)”.
Non dovremmo mai dimenticare questo aspetto in un momento in cui siamo troppo spesso concentrati su una visione edonistica e vanitosa della vita, è fondamentale invece volgere l’attenzione al cielo dove Maria accoglie i suoi figli che la raggiungono nella Gloria Eterna. Tale festività dice ed è un segno dell’accompagnamento della Chiesa, che con la sua liturgia ritma i tempi della nostra vita, anche i tempi di vacanza. Tempi mai vuoti ma particolarmente propizi – perché liberi da incombenze e preoccupazioni lavorative – per elevare lo sguardo e prendersi cura di sé, della propria vita interiore, della propria anima. Elevare lo sguardo ai segni della grazia, che non mancano, ma hanno bisogno di occhi attenti per essere riconosciuti e accolti. Riconoscerli e accoglierli per arginare quel logorio etico-spirituale che gli affanni del quotidiano alimentano e dilatano. Logorio provato come senso di smarrimento, insignificanza, insoddisfazione, estraneità, apatia. Il segno dei segni, il segno primordiale e centrale della grazia, è Cristo, la sua umanità. Meditiamo su un breve tratto della lettura del giorno, ovvero il Libro dell’Apocalisse al capitolo 12. Il capitolo si apre con “un segno grandioso” che appare nel cielo: questo segno indica un messaggio da decifrare e si manifesta nel cielo, dunque, si tratta di un messaggio che non appartiene al mondo terreno, ma al mondo di Dio e, come tale, è autorevole e decisivo.
È “una donna vestita di sole”: qual è il significato di questa immagine? Essa rappresenta nello stesso tempo la Vergine Maria e la Chiesa. La donna vestita di sole richiama lo splendore e la luce di Dio ed esprime una condizione che riguarda tutto l’essere di Maria: Lei è la “piena di grazia”, ricolma dell’amore e della luce del sole che è Dio. Questa donna ha “la luna sotto i suoi piedi”. La luna evoca il tempo dell’uomo, i giorni e le stagioni, questa è sotto i suoi piedi, in quanto la donna ne ha il dominio, cioè è al di sopra delle vicende umane. La luna, però, come ci diceva Papa Benedetto XVI: “è pienamente associata alla vittoria di Gesù Cristo, suo Figlio, sul peccato e sulla morte; è libera da qualsiasi ombra di morte e totalmente ricolma di vita. Come la morte non ha più alcun potere su Gesù risorto (cfrRm 6,9), così, per una grazia e un privilegio singolare di Dio Onnipotente, Maria l’ha lasciata dietro di sé, l’ha superata. E questo si manifesta nei due grandi misteri della sua esistenza: all’inizio, l’essere stata concepita senza peccato originale… e, alla fine, l’essere stata assunta in anima e corpo nel Cielo, nella gloria di Dio”.
A questo punto appare un altro segno nel cielo: un drago rosso (cfr Ap 12,3), di questo segno non si specifica che è grande, in quanto si tratta di un simbolo del male e il male, come tale, è limitato. Questo segno è nel cielo, perché il male, nelle sue molte forme storiche, vuole ostacolare il disegno di Dio sulla terra. Il drago è rosso, simbolo della guerra e della violenza, ha sette diadema, perché anche lui pretende una regalità, ma esse è rovesciata rispetto a quella di Dio. Scaraventa le stelle sulla terra in quanto ha come intento quello di distruggere la creazione e di riportare il caos sulla terra. Giovanni afferma chiaramente al versetto 9 che questo drago è il demonio, satana, che osteggia Dio e vuole mettersi al suo posto. Egli combatte la donna e la sua discendenza, in quanto sa che la donna vuole portare Gesù al mondo. La Festa dell’Assunta costituisce un richiamo materno a non dimenticare il nostro spirito, la parte più nobile di noi rispetto al materialismo imperante. Necessità di tornare a Dio e pensare più al Cielo. Il richiamo riguarda anche la comunità dei cristiani in cui vi è disorientamento e confusione, per questo è necessario che, alla luce di questa festa, si dia una speranza in riguardo alla Vita Eterna e l’uomo possa ritrovare il respiro più sano e fruttuoso sulle realtà spirituali e non lasciarsi imbrigliare soltanto da quelle terrene.
Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa
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