Perché la “fede” è mistero

Chissà se molti di noi hanno già partecipato alla Veglia pasquale, che, lungo tutto il corso dell’anno liturgico, di tutte le celebrazioni è la più preziosa e la più ricca di simboli, davvero straordinari. Quella celebrazione è il cuore di tutte le celebrazioni, la festa di tutte le feste. Tutto il giorno di Pasqua è come l’alba di una nuova umanità, come l’inizio di un nuovo giorno. Anche per noi che celebriamo questa eucarestia quando ormai si fa sera. Anche in questo nostro mondo è così facile cadere nella tentazione di sottolineare ciò che divide: questo succede non solo nella società e tra le nazioni, ma anche nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Il male è proprio questa divisione: esso è tutto ciò che ci oppone gli uni agli altri, con invidie, gelosie, sospetti, falsità, menzogna, infedeltà, cupidigie, avidità, imbrogli, accuse, violenze, abusi … È in questo nostro mondo che Gesù è passato, facendoci del bene, rimanendo anzitutto Lui vittima dell’odio. Vittima per amore. Gratuitamente amati, noi scopriamo grazie a Lui che è possibile un altro modo di vivere, anche per noi oggi.

È una parola di speranza, rivolta a tutti gli smarriti, gli scoraggiati, i disorientati, gli scettici, tutti coloro che hanno perso la speranza e vivono nel “disincanto” e nella disillusione! Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione. Cerchiamo di comprendere alcuni episodi: Notte di veglia fu questa per i discepoli e le discepole di Gesù. Notte di dolore e di paura. Gli uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato, andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Il loro cuore era pieno di commozione e si domandavano: “Come faremo ad entrare? chi ci rotolerà la pietra del sepolcro?”. Ma ecco il primo segno dell’Evento: la grande pietra era già stata ribaltata e la tomba era aperta! “Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca…” (Mc 16,5). Le donne furono le prime a vedere questo grande segno: la tomba vuota; e furono le prime ad entrarvi. Che cosa indica questo? Perché evidenziare che “sono le donne”, tra le quali Maria di Magdala e le altre a ricevere uno sconvolgente “annuncio” che il Maestro era Risorto? “Entrate nel sepolcro”. Ci fa bene, in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull’esperienza delle discepole di Gesù, che interpella anche noi. Per questo, in effetti, siamo qui: per entrare, entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore.

Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere… E’ di più, è molto di più! Nel velo silenzioso che copre il mondo prima dell’alba, c’è una promessa nascosta, un segreto sussurrato alle radici di ogni cosa: non si può seppellire la verità in una tomba. Questo è il senso profondo della Pasqua, una verità che si rifiuta di rimanere confinata nel buio, che sfida il peso della terra e della pietra per risorgere alla luce. C’è qualcosa di inarrestabile nella verità, come la vita stessa che, in ogni germoglio primaverile, in ogni nuovo inizio, ci parla di rinascita e di speranza. Anche quando sembra che tutto sia perduto, che il freddo dell’inverno non debba mai finire, la terra si risveglia e con essa il nostro cuore, ricordandoci che dopo la più lunga delle notti arriva sempre l’alba.

La Pasqua ci insegna che ogni fine è solo un nuovo inizio, che ogni tomba può essere vuota. Ci parla di un amore così grande da superare la morte, di una luce così potente da squarciare le tenebre. La verità, che abbiamo cercato di nascondere sotto mille maschere, sotto le pietre del rimorso e della disperazione, emerge con la forza di un fiume in piena, lavando via il dolore, il dubbio, la paura. Il mondo si ferma, attende un miracolo che si rinnova anno dopo anno, secolo dopo secolo. È il miracolo della vita che trionfa sulla morte, dell’amore che vince l’odio, della verità che, nonostante tutto, continua a brillare. E così, davanti alla tomba vuota, davanti al segno più grande di speranza che l’umanità abbia mai ricevuto, capiamo che non c’è nulla che possa tenerci legati al suolo, nessuna pietra che possa imprigionare lo spirito.

La Pasqua ci parla di liberazione, di un cammino che, attraverso la sofferenza, ci conduce verso la luce, un percorso che tutti siamo chiamati a compiere. Maria Maddalena: fu la prima, il mattino di Pasqua, a cui il Signore apparve chiamandola per nome. Maria Maddalena fu fra coloro che maggiormente amarono Cristo, dimostrandolo. Quando giunse il tempo del Calvario, era insieme a Maria Santissima e a san Giovanni, sotto la Croce (Gv. 19,25). Non fuggì per paura come fecero i discepoli, non lo rinnegò per paura come fece il primo Papa, ma rimase presente ogni ora, dal momento della sua conversione, fino al Santo Sepolcro.

San Gregorio Magno ha parole straordinarie (Cfr., Om. 25,1-2. 4-5; PL 76,1189-1193) per colei che fece di Cristo l’unica ragione di vita. “Ella si recò la Domenica di Pasqua al Sepolcro, con gli unguenti, per onorare il Signore. Ma non lo trovò: “Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva” (Gv. 20,10-11). In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. (…) Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità”. Ciò che caratterizza Maria Maddalena è un grande amore! È una donna appassionata per Gesù che non si rassegna alla prospettiva di perderlo e si aggrappa a quel corpo inerte come ultima opportunità di poter toccare “Colui che il suo cuore ama”.  

Se il “discepolo amato” è il prototipo del discepolo, Maria Maddalena è, in qualche modo, il suo corrispondente femminile. Maria Maddalena è la “discepola preferita” e la “prima apostola” di Cristo Risorto. Lei, chiamata due volte con il nome generico di “donna”, rappresenta la nuova umanità sofferente e redenta, l’Eva convertita dall’Amore dello Sposo, quell’amore perso nel giardino dell’Eden ed ora recuperato nel nuovo giardino dove era sceso il suo Amato. Il giorno dopo la Pasqua è dedicato da una tradizione secolare alla contemplazione dell’annuncio di Pasqua, come una prosecuzione del giorno decisivo per la nostra fede creata dalla devozione. Il Lunedì dell’Angelo è un prolungamento della Pasqua, come rispondendo alla necessità di gustare e contemplare una scena che ha cambiato la storia del mondo, e la nostra personale. Siamo di fronte al punto di svolta per il Creato e l’umanità: e dopo il giorno di festa grande nel quale si è come sopraffatti dalla grandezza della notizia del sepolcro vuoto e del Figlio di Dio risorto e vivo, la fede della gente ha sancito la necessità di soffermarsi sul messaggio dell’annuncio di Pasqua. Recato da un Angelo. In questa storia di rinascita e di trionfo della vita sulla morte, troviamo la forza di affrontare i nostri demoni, di perdonare noi stessi e gli altri, di iniziare di nuovo. Perché la Pasqua ci ricorda che, anche nei momenti più bui, anche quando sembra che la verità sia stata sepolta per sempre, c’è sempre speranza, c’è sempre una luce che attende solo di essere rivelata.

Prof.ssa Maria Pia Cirolla – Teologa