Gaudete in Domino: la Gioia si avvicina!

di Maria Pia Cirolla

La Terza Domenica di Avvento è quella che viene definita della “gioia o la domenica del “Gaudete in Domino”, gioire nel Signore che si avvicina all’umanità in attesa. Scriveva il Papa Paolo VI durante un’udienza a San Pietro il 9 maggio 1975: La società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia. Perché la gioia viene d’altronde. È spirituale. Il denaro, le comodità, l’igiene, la sicurezza materiale spesso non mancano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti. Ciò giunge talvolta fino all’angoscia e alla disperazione, che l’apparente spensieratezza, la frenesia di felicità presente e i paradisi artificiali non riescono a far scompariree prosegue “Ci sarebbe anche bisogno di un paziente sforzo di educazione per imparare o imparare di nuovo a gustare semplicemente le molteplici gioie umane che il Creatore mette già sul nostro cammino: gioia esaltante dell’esistenza e della vita”. 

Queste parole ci offrono uno spunto per una sincera riflessione: ma noi sappiamo davvero qual’è la nostra vera gioia per riuscire a perseguire quelle vie che ad essa conducono? Siamo ancora capaci di purificare cuore, mente, spirito da quelle finte gioie che allargano solo temporaneamente la prospettiva verso mete presunte di felicità da viversi in questo mondo?

Domande, tante domande come e simili a queste si elevano oggi in questa Domenica che precede l’ultima di Avvento in attesa del Natale. Molte sono le realtà sulle quali porre la riflessione e poche, in verità, le risposte che siamo tutti capaci di fornire! Assistiamo quasi impotenti e increduli alle infelicità dei piccoli, degli indifesi, senza poter fare nulla o voler fare nulla adeguandosi alla logica di questo mondo con la sua agghiacciante proposta dell’indifferenza del “non è un problema mio”, del “mi interessa se mi tocca personalmente” allarga e appesantisce il carico sulle spalle di coloro che già portano enormi pesi nella assoluta dignità silenziosa e con il decoro delle persone da bene, senza caricare su altri le proprie fatiche dell’ordinario. Si ascoltano voci del tempo che parlano di tutto fuorché dell’essenziale, necessario ad una vita che possa poggiare sulla vera gioia, non sulla finta promessa di felicità, spesso allargate dal senso delirante dell’onnipotenza. Tutta la liturgia, a cominciare dal colore dei paramenti liturgici di colore rosa, sembra invitare ad una visione speranzosa della realtà, siamo invitati alla gioia, ad una vigilanza non triste, ma lieta. Questa gioia, questo gaudére, è stata compresa molto bene da Sant’Agostino; infatti, per lui, chi ha incontrato Cristo nella propria vita, sperimenta nel cuore una serenità e una gioia che nessuno e nessuna situazione potrà togliere. Nella sua ricerca, il santo, comprese che questa gioia sta nel ricercare la verità, la pace, da queste deriva la fonte della gioia, dopo aver cercato invano in molteplici cose conclude con la celebre espressione che il cuore dell’uomo è inquieto, non trova serenità e pace finché non riposa in Dio (Cfr Le Confessioni, I,1,1). L’invito a gioire sempre in ogni situazione sembra quasi essere un progetto ambizioso, a volte fanatico, ma ci viene chiesto di gioire nel Signore, non per non avere problemi o non andare incontro a difficoltà, ma per gioire con Lui nonostante le difficoltà, nonostante i problemi della vita presente. Lo stesso san Paolo con la sua illuminante parola nella liturgia di oggi sembra invitarci a Gioire, dunque “gioite non in questo o quel momento, non in questa o quella fase della vostra vita, ma SEMPRE.

Andiamo verso la conclusione della nostra riflessione odierna: la gioia, così come la felicità, tanto ricercate e ambite in questo mondo, non significano conquiste di meteori lontane, fuori dalla portata umana, non sono promesse di paradisi terreni che donino la assoluta certezza che non si soffrirà mai, mentre non ci si rende conto che si è già infelici!

La gioia vera è quella dei tre giovani gettati dentro la fornace ardente, che cantano mentre le loro vite rischiano di terminare per le decisioni del potere, è la gioia del Battista che nonostante sia voce di uno che grida nel deserto per preparare la via, resterà colui che non ha smesso di gridare nel tempo la saggezza così come la sua parola resterà voce tuonante.

Ecco l’augurio che rivolgiamo a noi e a tutti: di cambiare la mentalità, di non restare intrappolati nelle logiche di questo tempo, di non cedere alla suggestiva solleticazione dell’interesse o del possesso ma di lasciare che la grazia e la misericordia ripuliscano le caverne del cuore preparandole a vivere e a ricevere quella Gioia che è sinonimo di salvezza.

Di Consuelo Noviello

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